Sin da ragazzino, iniziando la mia passione sportiva con l’Olbia, sono entrato in contatto diretto con le gioie stupende che ti regala un gol, una vittoria o l’ansia di un derby, l’amarezza delle sconfitte, delle delusioni e delle umiliazioni sportive. E persino con la peggiore di tutte le tragedie, la morte.
Ero al campo quella domenica di gennaio del 1960 quando, al comunale, si consumava il sacrificio più atroce nel gioco più bello del mondo: Bruno Nespoli un giovane toscano di 22 anni moriva sul campo, in azione da gioco, immolato da martire laico (probabilmente il primo, se non l’unico nella storia del calcio italiano).
Da allora e sempre, ogni volta che uno dei tanti amici della nostra storia Bianca, è venuto a mancare, mi sono fatto l’idea che da qualche parte, nel paradiso che tutti agogniamo, ci sia un angolo per i nostri cari, quelli che abbiamo amato, quelli che hanno onorato la maglia e la storia della casacca che, per me e tanti come me, è diventata una seconda pelle.
In quest’angolo tutto nostro e tutto Bianco, da qualche ora è arrivato (probabilmente inatteso) Roberto Serra che a 51 anni ha chiuso il suo intervallo umano immergendosi nell’eternità.
Roberto è stato dei nostri per una stagione piena, quella dell’88-89. Una stagione niente male. Ci salvammo senza troppi patemi. Non si vinceva molto, solo 7 volte, in compenso perdemmo solo 8 volte, pareggiando (19) più di chiunque altro. Lui, Roberto, arrivò a campionato inoltrato, veniva dalle giovanili del Cagliari e fu subito feeling.
Avevamo iniziato il campionato con mister Antonio Martini, ma patron Puztu ed il presidente Guadagni decisero poi di dare la grande chance a Sergio Bagatti (da allora 8 stagioni sulla panchina bianca) e l’ex bomber bianco diede subito fiducia a Roberto.
Esordio clamoroso con il Pavia alla 10 giornata, dopo solo 2 minuti il gol scaccia pensieri proprio di Roberto che, anche per l’andamento dell’incontro, sembrava garantire i due punti della vittoria. Spelta dopo dieci minuti della ripresa spegne i sogni di gloria che, manco a dirlo, ancora Roberto riapre e chiude definitivamente a 9’ dalla fine. Risultato conclusivo 2-1 e Roberto diventa parte integrante di quello splendido gruppo, guidato da due maestose colonne della nostra storia Ernesto Truddaiu e Damiano Morra. Non saltò nessuna gara obliterando 24 ticket e segnando 7 reti, da centrocampista incontrista dedito, come pochi, anche alla costruzione e finalizzazione dell’azione. Roberto ha lasciato un ricordo indelebile nei tifosi che lo ammirarono, nei compagni di squadra, nell’Olbia che è stata e che ha il buon vezzo di non dimenticare MAI.
Qualcuno più profondo di me ha scritto: Non c’è rimedio né alla vita, né alla morte salvo godersi l’intervallo. Roberto ha saputo farlo, ed è morto anch’egli com’era vissuto, con la leggerezza ed il sorriso di chi ha saputo cogliere l’esistenza nella sua interezza, equilibrando gioie e dolori e regalando a chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo una umanità ed una cortesia senza pari che, da queste parti, chiamiamo fratellanza.
Nel paradiso che tutti sogniamo, in quell’angolo di cielo tutto Bianco, da oggi si fa festa assieme a Roberto; qui da noi resta la mestizia e il dolore per una dipartita così repentina quanto inattesa, che lascia sgomenti la sua famiglia e i suoi cari e tutti noi che, in un modo o nell’altro, abbiamo indossato la maglia bianca con i quattro mori sul cuore, nel rettangolo di gioco o sugli spalti dell’agone.
Ciao Roberto, signore squisito nello sport e nella vita.
Adiosu Fradile…
Tore Zappadu