Simone Deliperi: il torresino assente. Peccato, perché vincere (se così dovesse essere) senza di lui non è la stessa cosa. Il brutto infortunio (a proposito, auguri di pronta guarigione) priva il derby della Sardegna orientale di quel pizzico di sale e pepe che, se mantenuto nel pentagramma della civiltà sportiva, è non solo contorno ma parte integrante dello spettacolo calcistico. In fondo, anche se non amato, Simone è di fatto l’unico ex-Olbia attualmente in forza ai verdazzurri.
La sua carriera sarebbe potuta decollare proprio tra i pali del Nespoli. Non fu così, ma le ragioni furono diverse. Simone arrivò a 22 anni, dopo una dignitosa stagione a Campobasso.
L’idea era quella di affidargli l’eredità di Coscione, di 10 anni più anziano di lui, ma non andò così. Infatti quando Coscione, dopo la disastrosa partita di Catanzaro (di fatto 3 gol subiti, nella sua rete, senza alcun vero tiro in porta), venne messo fuori rosa, Mauro Putzu ingaggiò Pastine, l’ex Torino, che seppure a fine carriera, ad Olbia fece per intero il suo dovere, in tre buone stagioni, facendo (alla terza) da padre- chioccia ad un ventunenne brillante come Marco Manis. Insomma, quella stagione bianca finì in maniera incolore per Deliperi (5 presenze, 4 sconfitte, 9 reti subite, una sola vittoria divisa a metà con Pastine che venne sostituito da Simone ad un quarto d’ora dalla fine), ma non fu colpa di nessuno. Per dirla tutta, non è certo questo il motivo per cui molto più di qualcosa si è rotto tra il portiere e la tifoseria bianca. Da allora, e sempre con la maglia della Torres, Deliperi ha incrociato l’Olbia, in altre 8 occasioni; una volta, in occasione della doppietta di Palumbo al Nespoli nel 2008 era in panchina. Per 6 volte, al di là del risultato, niente da segnalare, come direbbero gli appuntati dei caramba. Tutto accadde nelle due vittorie (meritate) della Torres nella loro esaltante stagione della promozione. Sia a Sassari che ad Olbia il portiere era apparso sovradrenalinico, dimostrando, di sicuro nella gara da noi persa al Nespoli, grandi doti a difesa della sua rete che, anche per suo specifico merito, rimase intonsa. Nel contempo, Deliperi fece sfoggio anche di meno urbani e rabbiosi dileggi nei confronti degli avversari. Insomma, l’ultimo derby finì a mazzate, e, quantomeno da queste parti, lui viene ritenuto uno dei maggiori indiziati per quella non edificante pagina.
Fabio Oggiano: il torresino presente. Lui, come anche Mastinu, Ravot e i due Del Rio rappresentano la continuità di quell’interminabile travaso di prestazioni e di professionalità, che, sulla Sassari-Olbia e viceversa, tra alti e bassi si è sempre mantenuto nel tempo piuttosto prolifico. La rivalità, sacrosanta e sportivamente produttiva, poche volte (fortunatamente) è arrivata ad esondare, soprattutto dentro il rettangolo di gioco, ai livelli visti in quell’anno di Eccellenza. Il sorriso e la grande verve pedatoria del “Ciabi” di Li Punti sono il migliore antidoto per stemperare quei toni e riportare il calcio alla sua pura essenza di gioco e di spettacolo. Il nostro cannoniere è in una condizione psicofisica eccellente. Segna appena la quarta parte di quel che produce (un po’ come gli altri componenti del trio OM²), ma alle fin fine 8 reti in 9 gare non sono da quisquilie. Dare sempre il massimo per la maglia che si rappresenta è cosa da professionisti e sportivi di vaglia; banalizzare o ridicolizzare una o tante di quelle maglie per le quali un tempo si è giocato, non solo è disarmante ma, oggettivamente, poco gradito alla tifoseria di quel club. Oggi, e speriamo per tanto altro tempo a venire, Oggiano è una risorsa di questa nostra squadra che, sportivamente, e lealmente cerca di battere un’avversaria (non un nemico) forte e motivata e lui, come i suoi compagni, proverà a farlo con le armi dei gioco e del sano agonismo. E sempre che questo dovesse avvenire, lo farà senza irridere nessuno. In questi giorni nel sito verde azzurro è ricomparsa un’immagine per noi sportivamente triste, quella di Oliveira che va ad “abbracciare” la tribunetta “nuorese” degli eucaliptus dopo averci propinato tre pappine che ci fecero perdere una partita intensa negli ultimi minuti. Perdemmo, ma anche da parte nostra, seppure a denti stretti, ci furono applausi per Lulù che non rubò niente, non irrise gli avversari: semplicemente giocò meglio di tutti. Ecco perché, se dovesse capitare che qualche pallone del “Ciabi” di Li Punti finisse nella rete verdazzurra, ci spiace davvero che a raccoglierla non debba essere Deliperi. Perché quel gesto forse spiegherebbe, in special modo a lui, meglio delle nostre parole quel che abbiamo cercato di dirgli.
Buono e sereno Derby a tutti, Salvatore Zappadu