Portotorres-Olbia 0-4
Portotorres: Caneo; Sanna, Porto, Nieddu, Ledda, Fois, De Luca, Urgias, Caddeo, Sechi (80′ Mulargia), Porqueddu; all. Batteta; a disp.: Mazzette, Sinibaldi, Manca, Porfino, Ortu.
Olbia: Saraò; Malesa (78′ Abachisti), De Cicco, Peana, Farina; Masia, Varone, Molino (70′ Corona); Del Rio (46′ Capuano), Pozzebon, Budroni; all. Biagioni; a disp.: Sorrentino, Simeoni, Varrucciu, Doddo, Manetta, Carboni.
Arbitro: Saccenti di Modena
Reti: 46′ Molino, 55’’ De Cicco, 60’ e 63’ Pozzebon (rig)
Note: ammoniti Nieddu, Urgias, Budroni; angoli 5-1 Olbia; recupero 1’ e 3’; 100 spettatori.
L’Olbia porta ancora l’acqua al suo…Molino. Anche se, a legger qualche cronaca casalinga, sembra quasi che il Poker sia arrivato per caso (ditemi voi se 10 occasioni nitide, oltre ai quattro colpi buoni, vi sembran… caso), c’è di che guardare con una qualche fiducia al futuro. Al Delle Vigne, lo sapevamo tutti, era solo questione di concentrazione. E questa Olbia, a vederla muoversi non sembra più un gruppo costantemente in bilico o “sull’orlo di una crisi di nervi”. La barca, a dirla giusta, assume giorno dopo giorno, il carattere del suo, magari pittoresco, ma inflessibile nostromo.
Oberdan Biagioni è arrivato di corsa all’Olbia. Senza fermarsi mai, come faceva sin da ragazzo quando nella Lazio campione d’Italia muoveva i primi passi di una nobilissima carriera che lo ha portato a percorrere, sempre di fretta, migliaia di chilometri, abbrancando il pallone, saltando gli avversari e, perché no, segnando a suo merito non poche reti, per un centrocampista di movimento come nel frattempo era diventato, il piccolo furetto della nidiata di Mastro Zdenek. Ad Olbia la curiosità di vedere il primo allenatore di scuola zemaniana, a dirla bene, era sul serio tanta. E da subito, si è capito che il “nostro” era fatto invece, né più e né meno, come un romano del testaccio o del tiburtino. Di quei romani che, a dispetto di una ironia e sagacia fuori dell’ordinario, sono grandissimi lavoratori e perfezionisti senza pari (per credere provate a passare in qualcuna delle favolose e futuristiche aziende della Tiburtina Valley). E, la sua giovane ciurma di ragazzi, non ha tardato ad adattarsi al suo credo calcistico: allenamenti più lunghi, continui fraseggi per la gestione del pallone e degli spazi nel rettangolo di gioco, schemi ripetuti ossessivamente fino a mandarli giù a memoria. Insomma questa Olbia, seppur all’inizio del suo cammino, è un’altra squadra. E il campo, al di là degli impegni più o meno complessi, lo sta dimostrando. Quattro vittorie di fila, due in casa e due fuori, tutte maturate col gioco e sempre nella ripresa, 11 gol fatti 1 solo subito, un solo episodio brutto di espulsione (costato caro ad AleAlo che si è perso tutto questo ben di dio), una media di 2 ammonizioni a partita, contro le 3,40 del girone di andata. Insomma un’Olbia, che sa azzannare i polpacci degli avversari, ma lo fa col gioco e con la forza… dei nervi distesi. Ed ha ragione, il nostromo quando, rendendo merito ai suoi ragazzi, racconta di avere un gruppo di giocatori forti ed uniti. A cominciare da quelli che, per forza di cose, restano in panchina, incazzati come belve ferite e pronti a conquistarsi un posto al sole alla prima occasione buona.
Ah, dimenticavano la gara con i turritani. Non è stata semplice, perché la truppa volenterosa di Batteta sta assumendo i contorni di un undici compatto che, con tutti i suoi non numerosissimi effettivi, più prima che poi la smetterà con le giaculatorie delle sconfitte, ma con questi Molino e Pozzebon sarebbe stata dura per chiunque. Adesso c’è il turno di sosta (non ditelo a Biagioni ché, di smettere la corsa, non ha punto voglia) e, in attesa del temutissimo incrocio con la corazzata Fondi, la ridente barca, di bianco pavesata, ripassa la lezione per il quinto positivo e fruttuoso arrembaggio.
Ad majora, Simprie.